Ore 09.54. Anacapri. Bar grotta azzurra. Pausa latttemacchiato e caffè. Fa caldo, molto. Le strade sono deserte, perlopiù, gente del posto. I visi non sono festivi. Cupi perlopiù, si sente nell’aria qualcosa di indefinibile. Uno stato che lega il tempo alla realtà. Quella stessa realtà per cui si stava in festa, senza veramente comprenderne il perché.
Ora, rimane solo la vita. Il superfluo è sfumato nei recessi della paura. Rimane l’Uomo, ed è spaventato. Terrorizzato da quelle abitudini perse che ricoprivano le loro stesse umanità. Uomini e donne sono spogli. Non c’è più valore nelle vesti, non c’è più sicurezza negli usi, non c’è sensazione di se stessi. Molti, e si vede, errano in cerca di una conferma, che vada oltre ciò che si ha, quel che si credeva di essere.
La malinconia mi contagia. Il riflesso della morte è pregio di chi è vivo. Gli zombie, non possono invadere le nostre vite, sarebbe suicidio. Ma intanto, il silenzio regna. La gente sussurra, come se avesse paura che il silenzio possa ulteriormente scostare gli equilibri persi. Alcuni, camminano in punta di piedi. Il troppo di una volta, è diventato crepaccio.
Lei, avrà forse sugli ottant’anni. La busta della spesa in una mano, l’altra sulla borsa, camminava col sorriso, illuminando tutto al suo passaggio. La strada, si accendeva del suo sorriso, i visi, si distendevano al suo saluto, le voci, ritornavano per quel lasso in cui era presente.
Sorrideva a tutti, salutava tutti, forse, come avrà sempre vissuto. Nella semplicità di se stessa, e ricordava a noi, che nulla mai avrebbe potuto toglierci la nostra condizione: umana.
Lei mi guardò, ed il suo viso si distese in un largo sorriso sotto la mascherina. A mia volta, il mio volto, triste e scuro, si illuminò del bianco del mio sorriso.
Era una strada qualunque in un posto qualunque.
Con lei, divenne un spazio. Ove incontrarsi, ed essere.
Buondì amici